Depressione? È il male di questo secolo. E a volte fa più paura del cancro. Scava le nostre vite da dentro, come un tarlo che rode il legno di cui siamo fatti.
La depressione è un male di vivere ad oggi molto diffuso: circa 15 persone su 100, dicono le statistiche, ne sono colpite. In Italia, la stima è di cinque milioni di italiani che soffrono di disturbi depressivi. Il dato è molto grave, ma ancora più grave è l’approccio che sviluppiamo verso questa “malattia dell’anima”. La sfiducia nelle cure farmacologiche, così come la diffidenza nell’iniziare un percorso terapeutico, fanno sì che la diagnosi arrivi troppo tardi, a volte quasi mai. Sono diverse, infatti, le persone che soffrono di depressione ma che non hanno mai avuto una vera diagnosi a proposito.
Il rischio è quello della procrastinazione: si aspetta che la depressione passi da sola, così come è arrivata. Ma l’attesa è la peggior nemica della depressione: aspettare significa infatti cronicizzare dentro di sé degli stati umorali negativi che col tempo diventano veri e propri comportamenti autodistruttivi.
Depressione: chi ne soffre, le cause e sintomi degli stati depressivi
Si presenta nella nostra vita silenziosa, e ci spinge un po’ alla volta verso il baratro. Indro Montanelli diceva che la depressione è una malattia democratica, perché colpisce tutti. Non fa distinzioni, di genere, di età o di estrazione sociale. Lui stesso, del resto, ne ha sofferto per tutta la vita. Tuttavia, anche se il disturbo depressivo può colpire chiunque, è molto più frequente tra i 25 e i 44 anni di età, mentre le donne, sia adolescenti che adulte, si ammalano due volte tanto rispetto agli uomini. La depressione è, pertanto, un disturbo dell’umore veramente molto diffuso. Comprendere le cause del disturbo depressivo è molto utile: è un primo passo verso la liberazione. Verso, cioè, una presa di coscienza.
Molti esperti dividono le cause della depressione in endogene o esogene.
Vediamole entrambe.
Stati depressivi: le cause esteriori. Quando il male viene da fuori
Un fatto accaduto e che ci ha sconvolto, l’ambiente intorno a noi che ci condiziona, una situazione pesante da sopportare a lungo: le depressioni esogene, o meglio le depressione che hanno cause esteriori o esterne, sono la conseguenza di eventi traumatici o stressanti.
L’insorgere di questo tipo di depressione è lento e graduale. I sintomi compaiono in seguito a un evento doloroso evidente e reale:
- un lutto
- una malattia
- la perdita di un lavoro
- la fine di una storia d’amore
- una forte delusione in amicizia
- un tradimento
Ma se il fattore scatenante è un evento stressante o una forte tensione che turba la nostra vita e che valutiamo in termini di perdita non accettabile, è anche vero che ci possono essere non solo cause negative, ma anche positive, valutate però sempre come una perdita. È il caso, ad esempio, di quando nasce un figlio che ci toglie la “libertà”. In questo caso si parla di depressione post partum. Oppure quando si riceve una promozione all’estero e si perdono le sicurezze familiari. In breve, quando vengono a mancare per noi dei valori o delle sicurezze ritenute indispensabili.
I sintomi della depressione esogena
Tra i sintomi più comuni della depressione esogena, ci sono aspetti fisici come:
- insonnia e inappetenza
- anedonia, cioè stanchezza, mancanza di forze, debolezza
- disturbi gastrici e intestinali
Per quanto riguarda, invece, i sintomi psicologici della depressione esogena, ci possono essere reazioni emotive spossanti e stressanti, come:
- una propensione al pianto o alla disperazione
- una sfiducia in se stessi e nelle proprie capacità
- una inclinazione allo sconforto e ad una visione pessimistica
- una violenta oscillazione dell’umore fra alti e bassi.
Ma possono anche esserci sintomi e reazioni emotive alla depressione diverse, a volte diametralmente opposte, come:
- ostilità, avversione
- eccesso di rabbia, scatti d’ira
- tendenza a incolpare gli altri, a sottometterli, a manipolarli
- difficoltà a relazionarsi e a comprendere i sentimenti altrui.
I sintomi della depressione esogena possono essere anche accompagnati da stati di ansia generalizzata o da vere e proprie crisi d’ansia.
Depressione come cancro dell’anima: mi ammalo dentro
Depressione, lo sa bene chi la vive, significa perdita di ogni interesse. Per questo io chiamo la depressione “il cancro dell’anima”: perché è un vuoto interiore che risucchia, è un male nascosto e invisibile che si insinua tra le pieghe del nostro essere, che si annida tra le nostre viscere e ci trasforma, un po’ alla volta, in cadaveri viventi. Quando il coinvolgimento nelle attività vitali svanisce, risucchiato dalla forza devastatrice della depressione, che non dà spazio alla forza d’animo, alla capacità di progettare, ai sogni… il cuore continua a battere, ma l’anima si spegne.
Di fronte a cause evidenti, come un trauma, un lutto, la depressione è tuttavia una difesa della nostra mente, una sorta di gabbia in cui cerchiamo di sopravvivere al dolore. In questi casi la depressione funziona proprio come un interruttore: spegne la luce. Lo stato depressivo toglie la corrente al dolore, ma smette di illuminare anche il piacere. In questo modo niente più “sbalzi” per noi, niente più eccessi, niente più fatica di interpretare come mai a volte si possa essere così felici, e a volte così tremendamente sofferenti. Si smette di essere, punto. Si sceglie l’apatia. Si preferisce il silenzio dell’abisso, al rumore della vita.
Eppure sono convinto che di fronte a queste situazioni palesi, perché palese è il dolore di una madre che perde un figlio, di un uomo che vede spegnersi nel cancro la vita della moglie, o di una persona anziana che si scopre inutile, se ci fosse una maggiore consapevolezza e una maggiore forza interiore potremmo forse sfiorare la depressione, ma non caderci dentro gettando via la chiave. La verità, secondo la mia esperienza professionale, è che il male di questa società si traduce con una parola: vuoto esistenziale.
Ed è proprio di questo vuoto che voglio parlare in questo articolo. Prima però ti spiego le cause endogene, cioè le cause interiori della depressione.
Stati depressivi: le cause interiori. Quando il male viene da dentro
Nasce dentro di noi. Prende velocemente forma nel nostro corpo, che si avvilisce in posture sempre più adagiate e insofferenti, che si intirizzisce in movimenti sempre più lenti e privi di alcun guizzo. E prende forma nella nostra mente, che un po’ alla volta si incrina, si spezza, smettendo di riconoscere la vita. Come un orologio al quale si rompe improvvisamente un ingranaggio.
La depressione endogena (o sindrome depressiva endogena grave o depressione maggiore) irrompe nella nostra vita senza cause tangibili o identificabili. Accade un vero e proprio mutamento interno: lo stato depressivo, in questo caso, è una frattura della personalità, della vita psichica dell’individuo.
La depressione endogena si caratterizza proprio per una sua insorgenza brusca, immediata, grave. Ma, soprattutto, per l’assenza di una causa tangibile e reale, e per la mancanza di una spiegazione logica.
I sintomi della depressione endogena
I sintomi della depressione endogena sono soggettivi ma è prevalente la sensazione di inutilità. “Mi sento negativo” mi dicono i miei pazienti. Oppure: “Possibile che mi debba sentire continuamente colpevole? Ormai mi sto odiando!” dice spesso una donna. “Non mi sopporto più, Dottore, non riesco a sopportarmi. Mi sento pesante”, oppure “Non mi interessa più vivere, che vivo a fare?”. È ciò che ho sentito dire anche a ragazzi di sedici anni, o poco più. Spesso sono presenti pensieri di morte o di suicidio, che possono andare da un vago senso di morte e desiderio di morire fino all’intenzione di farla finita con una vera e propria pianificazione e tentativi di suicidio.
Depressione e suicidio: le vittime più giovani
Verrebbe da pensare che solo persone adulte provino idee suicidarie, che almeno sia molto più frequente che sia un adulto a vivere il desiderio di farla finita: un uomo che perde il lavoro, una donna che è rimasta sola. Invece, purtroppo, i soggetti più a rischio sono i giovani. Le statistiche dicono che avviene un suicidio ogni dieci minuti e che più della metà dei suicidi nel mondo siano compiuti da giovani e adolescenti fra i 10 e i 25 anni.
Nella mia esperienza mi sono trovato a sostenere ragazzi con lo sguardo perso, con gli occhi vitrei che mi sussurravano di volerla fare finita. Ma non con rabbia, non con odio, non con astio. Bensì con rassegnazione. Con apatia. Con distacco. Gli occhi, gli sguardi cupi di quei ragazzi sono state ogni volta lame nel mio fianco: vite in fiore, che non volevano più la luce per sbocciare. Che non volevano più acqua per crescere.
E sempre di più, di fronte a persone che soffrivano di depressione e che arrivavano disperate nel mio studio, mi sono convinto che la depressione sia il cancro dell’anima. Una malattia che nasce comunque e sempre dentro di noi. E che trova radici nel vuoto esistenziale di questa società.
Il vuoto esistenziale: quando la vita non ha un senso.
La radice di quasi tutte le malattie, dei problemi o dei disagi psichici, compresa la depressione, è oggi – ne sono convinto – il vuoto esistenziale.
Se è vero che ci possono essere molte cause per la depressione, che abbiamo detto essere esogene e endogene, è anche vero che la depressione è il sinonimo di una incapacità di reagire di fronte alle difficoltà della vita. Se vogliamo, la depressione è una mancanza di forze, di una spinta interiore verso la vita. Una spinta che si può avere solo se la nostra vita ha un senso. Un senso, ovviamente, che riconosciamo noi stessi. L’assenza di questo senso, l’insignificanza dell’esistenza e la mancanza di uno scopo “più alto” o più “grande” di noi, ci fa sentire inutili, oppure impotenti, oppure incapaci. E più di tutto, vuoti. Ecco, questo disagio dell’anima si chiama vuoto esistenziale. Ma che cos’è? E come reagiamo di fronte a questo vuoto?
Uscire dalla depressione: cercare di riempire il vuoto con valori esteriori o dipendenze
La fatica a trovare veri stimoli e soddisfazioni nella propria vita diventa un logorante fardello, un pesante muro che ostacola la possibilità di crescere, di diventare responsabili e consapevoli. Quando entriamo in conflitti di valore, o non troviamo un progetto di vita, quando non riusciamo a dare un significato alla nostra esistenza, proviamo un naturale senso di fallimento e di non appartenenza… “di vuoto”. Ma quando il disagio si protrae nel tempo, può portare ad una ricerca smisurata e disequilibrata di piacere. Un piacere che cerca di colmare quel senso di vuoto interiore e che può sfociare in dipendenze affettive o da sostanze, mentre noia e caduta degli interessi, apatia e asocialità aprono le porte a segnali di tipo depressivo.
Quando si vive un vuoto esistenziale si cerca ogni mezzo per riempire il senso di disagio che quel vuoto ci provoca. Come?
- Con il cibo
- Con le droghe e il gioco
- Con il sesso o con falsi amori e dipendenze emotive
- Con internet
- Con la televisione, il gossip, i programmi “di massa” come i Real TV.
Questi sono i principali modi in cui si cerca di colmare quel vuoto. Un vuoto affettivo certo. Ad un primo livello. Un livello a cui purtroppo molto spesso la psicologia si ferma. Ma nella mia esperienza completamente personale, non posso fare a meno di credere che ci sia un livello più profondo, in cui questo vuoto si manifesta. Ed è il vuoto che lascia un’anima non percepita. Non vissuta. Non riconosciuta.
Vuoto esistenziale: il significato transpersonale
Un disagio impalpabile, inodore, insapore. Ma velenoso come il tallio. In generale, il vuoto esistenziale è una condizione dell’“essere”. Può nascere da circostanze fisiche, psichiche, o spirituali.
La sua natura, la sua origine, sarebbe infatti trans-personale: il vuoto esistenziale proviene cioè da una dimensione che la psicologia definisce “oltre noi stessi”. Questo vuoto dentro di noi resterà incolmabile finché non prenderemo contatto con la nostra più intima essenza, cioè con la nostra natura divina. La nostra natura spirituale.
In realtà, se vogliamo essere davvero precisi ed esaustivi, l’essere umano oggi si trova a vivere così tanti disagi psichici e disturbi psicologici a causa di un alterato equilibrio fra tutte e tre le nature che sono presenti in noi:
- La natura animale, quella che riguarda i nostri istinti e le nostre pulsioni, cioè quella forza, quella spinta verso la vita – quindi strettamente legata alla nostra sessualità e all’energia vitale – che viene proprio a mancare in uno stato depressivo.
- La natura umana, quella che riguarda cioè le nostre emozioni e i nostri sentimenti, oggi così tanto confusi, mal vissuti e mal interpretati da essere veramente una delle cause principali di tanti disagi psichici e relazionali. Basti pensare a quante persone entrino in depressione a causa di relazioni o matrimoni falliti, o per delusioni d’amore.
- La natura spirituale, quella che riguarda, come dicevo, la nostra sfera intellettuale e psichica, ma non solo. Quella che riguarda la nostra parte eterna. La nostra vera “sicurezza” interiore. Quella parte indistruttibile, che non cederà mai ai colpi della vita perché fa parte della vita stessa.
Oggi si parla tanto di “spiritualità”, ma ci tengo a sottolineare che nessuna preghiera, o meditazione, o filosofia possono colmare il vuoto esistenziale, cioè l’assenza di una nostra forza interiore, di uno scopo, di un senso che noi, e solo noi, possiamo e sappiamo dare alla nostra vita. Lo sbaglio più grande che facciamo oggi, forse, è proprio quello di delegare sempre a qualcuno o a qualcosa la nostra felicità, la nostra esistenza. La releghiamo nelle mani di un uomo, o di una donna. Nelle mani della fortuna o di una filosofia di vita. Oppure nelle mani di una qualche entità divina. Ma la verità è che la nostra vita dipende solo da noi stessi. Così come il senso che vogliamo darle.
Nonostante le varie correnti di pensiero, in psicologia, cerchino ormai di integrarsi e di considerare tutte e tre le dimensioni della psiche umana, il corpo, la mente e lo spirito, sono ancora pochi i terapeuti che davvero scelgono di dare un approccio transpersonale alle patologie o ai disagi psichici. Pochi quelli che cercano, ad esempio, di integrare le migliori tecniche moderne della psicologia alle filosofie antiche spirituali. Pochi quelli che cercano di legare la psiche umana all’inevitabile senso che dobbiamo dare alla vita e quindi all’esistenza. Va merito, ad esempio, ad alcuni autori come Victor Frankl, che viene considerato uno dei padri della Terza Scuola Viennese di Psicoterapia, e che è stato il fondatore della logoterapia e dell’analisi esistenziale, con cui è stato evidenziato il nucleo spirituale dell’individuo.
Come superare la depressione: scegli la terapia giusta
Spesso ci si vergogna a chiedere aiuto. Oppure non ci si fida di chi ci vuole aiutare. Oppure, ancora, non si vuole ammettere di avere un problema. Ma bisogna ricordare, come dicevo all’inizio dell’articolo, che è pericoloso cercare di uscire da soli dalla depressione, direi quasi inutile. In uno stato depressivo infatti non si ha l’oggettività, né la forza di guarire da soli.
È oltremodo vero che la tempestività in caso di stati depressivi è fondamentale: non bisogna aspettare. Procrastinare e perdere tempo significa cronicizzare la depressione e assumerne tutte le conseguenze. Il mio invito, quindi, è quello di rivolgersi subito ad uno specialista. Sia che lo stato depressivo sia in fase iniziale, sia che la depressione sia conclamata e in atto da diverso tempo, anche da diversi anni. È indispensabile fare un piccolo atto di coraggio, e cercare un terapeuta.
Capisco che la scelta di un terapeuta e del tipo di cura da seguire non sia facile: al giorno d’oggi, ci sono troppe informazioni contrastanti, soprattutto su internet, che alla fine finiscono solo per confondere e disinformare. Mi sento di dire però che con la giusta cura uscire dalla depressione si può.
Ecco i miei consigli per scegliere la tua giusta terapia. Non tutte le terapie infatti sono uguali, e non tutte le depressioni vanno trattate nello stesso modo. Mentre ci sono dei giusti accorgimenti che è bene conoscere.
Uscire dalla depressione senza medicine: quando usare e non usare gli antidepressivi
La facilità con cui oggi vengono prescritte ricette e medicine contro la depressione è spesso, e purtroppo, fuorviante.
Sebbene ci siano casi in cui sia inevitabile prescrivere psicofarmaci in caso di stati depressivi, il mio invito è quello di non scegliere subito la “via più facile”. Spesso i pazienti depressi, mancando di forza di volontà, preferiscono ingoiare qualche pillola e non pensarci più. Ma gocce e pillole, si sa, creano dipendenza e non risolvono comunque la situazione.
Come psicoterapeuta sono ampiamente convinto che ciascuno di noi possa uscire da malattie e disagi psichici con l’aiuto della propria mente soltanto. Del resto, come la mente ci ha portato in uno stato depressivo, altrettanto la mente può guidarci ad uscire dalla depressione.
Personalmente inoltre ritengo che ogni individuo debba imparare ad autogestire la propria salute fisica e psichica, senza dipendere dalle cure che sceglie. Per questo motivo, il mio parere professionale circa la scelta delle cure da fare in caso di depressione è senz’altro quello di evitare, finché si può, l’assunzione di medicine, psicofarmaci o antidepressivi.
È bene ricordare che solo uno specialista può dirci cosa dobbiamo fare: solo un terapeuta qualificato può valutare se il nostro caso necessiti di cure farmacologiche oppure se sia sufficiente una terapia psicologica di sostegno, senza l’uso quindi di psicofarmaci.
È importante quindi scegliere il terapeuta giusto, e qui si deve fare veramente chiarezza perché noto che tantissime persone hanno le idee confuse.
A chi rivolgersi per curare la depressione: psichiatri, psicologi o psicoterapeuti?
Fino a poco tempo fa, l’unica figura specialistica da cui potevamo andare per chiedere una diagnosi e una cura sulla nostra depressione era un medico psichiatra. Lo psichiatra, a tutt’oggi, è l’unico specialista che, in quanto medico, può prescrivere cure farmacologiche come antidepressivi e psicofarmaci in caso di depressione. Ma, in genere, più di questo uno psichiatra non fa. La specializzazione in medicina di uno psichiatra infatti non prevede esperienze terapeutiche proprie di altre specializzazioni e che insegnino a guidare il paziente verso un percorso di presa di coscienza, superamento di traumi e consapevolezza interiore. Soprattutto lo psichiatra, a meno che non abbia ulteriori specializzazioni, non ha gli strumenti necessari ad agire sui comportamenti disfunzionali di un paziente che ha sviluppato la depressione.
Il mio consiglio pertanto è, almeno inizialmente, di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per una diagnosi e per avere suggerimenti sul percorso da intraprendere. Attenzione però: non bisogna confondere lo psicologo con lo psicoterapeuta. Al contrario di quello che si pensa comunemente, lo psicologo che non ha conseguito una specializzazione in psicoterapia non può curare patologie psichiche. Può solo fare test clinici, che in questo caso io sconsiglio: non si può, a mio avviso, ridurre l’essere umano ad una serie di crocette.
Lo psicoterapeuta, quindi, è la figura giusta cui chiedere un sostegno psicologico e un’analisi attenta della nostra situazione. È l’unica figura specialista infatti che possiede gli strumenti adatti per sostenere un paziente depresso.
Ma quale psicoterapeuta scegliere?
Curare la depressione. Quale terapia scegliere? Psicoterapia breve strategica, logoterapia o psicoterapia comportamentale
Una terapia che mi sento di consigliare sicuramente è la psicoterapia breve strategica, un tipo di terapia che proviene dalla California, da Palo Alto per la precisione, e che ora è diffusa più o meno in tutto il mondo occidentale. In Italia questa specializzazione si consegue presso la Scuola di Arezzo. È un tipo di terapia che, come suggerisce il termine stesso del nome, prescrive strategie per uscire da una patologia in breve tempo. Non ha niente a che vedere quindi con l’analisi, o la psicanalisi. La psicoterapia breve strategica non indaga sui “perché”, ma sul “come” farti uscire dallo stato depressivo. Essendo la mia specializzazione, ed avendomi dato sempre buoni risultati, mi sento quindi di consigliarla per esperienza personale e diretta. I miei pazienti hanno sempre reagito bene, e in breve tempo alle prescrizioni che davo, in base certo ai suggerimenti della strategica ma anche a miei personali elaborazioni del Metodo dr. Succi, il metodo che uso in terapia e che porto nei miei corsi e seminari. Se vuoi maggiori informazioni su questo tipo di psicoterapia, visita il sito della Scuola di Psicoterapia Breve Strategica di Arezzo. Potrai anche cercare un terapeuta nella tua zona. Faccio presente che l’elenco non contiene tutti i nomi dei terapeuti specializzati in Psicoterapia Breve Strategica, in tutta Italia ce ne sono molti altri e per cercarli nelle tue zone dovrai fare ricerche più personalizzate su internet. Neanche il mio nome, per mia scelta, è presente in questo elenco.
Un altro intervento terapeutico a mio avviso valido in caso di depressione è la psicoterapia comportamentale: è l’unica che per esperienza professionale ritengo dare risultati efficaci sui pazienti, qualsiasi sia la loro patologia o il loro disagio e soprattutto in caso di depressione. Come suggerisce anche qui il termine, la comportamentale è una psicoterapia che agisce sui comportamenti, cioè sul nostro modo di reagire in relazione alla depressione, ma anche in relazione alla vita. Non bisogna dimenticare, infatti, che sono proprio i nostri comportamenti a creare la realtà in cui poi viviamo: una realtà di salute, o di malattia.
Un punto a favore della psicoterapia breve strategica e della psicoterapia comportamentale è che non creano dipendenza dal proprio terapeuta, come potrebbe succedere in percorsi lunghi, come ad esempio quello della psicanalisi, ma solo un rapporto di fiducia e sostegno.
Altra valida alternativa è la logoterapia, ideata come dicevo da Viktor Frankl, e che si sviluppa proprio intorno al vuoto esistenziale e al bisogno umano di sentire l’esperienza della vita impregnata di un significato spirituale. L’unico difetto, se così lo vogliamo chiamare, della logoterapia è che è un processo che a volte richiede molto tempo. Ma non per questo è meno efficace o meno valido.
L’ipnosi: un valido contributo contro la depressione
Come ipnologo clinico, mi sento di indicare fra le varie cure, metodologie e terapie che puoi scegliere per superare la depressione, anche l’ipnosi. L’ipnosi clinica, se abbinata ad un percorso di psicoterapia, è un valido ed efficace contributo contro gli stati depressivi. Come sempre, il più vivo e sincero consiglio è quello di non mettersi mai nelle mani di figure improvvisate, e di essere ben sicuri della specializzazione in ipnosi clinica del vostro terapeuta, specializzazione che può conseguire solo uno psicoterapeuta come me o un medico.
Se vuoi cercare un esperto in ipnosi clinica, sul sito dello S.M.I.P.I. (La Società Medica Italiana di Psicoterapia e Ipnosi) trovi un elenco di chi ha conseguito una specializzazione in ipnosi presso questa scuola.
Depressione e vuoto esistenziale: una precisazione importante
Ci tengo a sottolineare, come ho già detto, come il vuoto esistenziale sia una delle cause maggiori della depressione. Tuttavia, si può soffrire di vuoto esistenziale senza cadere in stati depressivi. Tante sono le persone che soffrono di una mancanza di senso nella propria vita ma che “vanno avanti” senza comunque mai entrare in stati depressivi. In questo caso io mi sento comunque di consigliare un percorso terapeutico, e ritengo che sia più che mai utile per chi vive un disagio esistenziale intraprendere anche percorsi di crescita personale e spirituale.
L’unico criterio da adottare, qualsiasi sia il nostro disagio, o la nostra intenzione di migliorare la qualità vita, è quello di rivolgersi sempre a persone qualificate e non improvvisate. Scegliere, quindi, figure non solo con titoli accademici, ma anche con lunghe esperienze professionali.
Specifica sui consigli terapeutici da me indicati
I consigli terapeutici che trovi nei miei articoli o nei miei video sono consigli che derivano da una lunga esperienza professionale. Da oltre quarant’anni mi occupo di benessere, salute e psicologia e come ricercatore indipendente ho girato il mondo per formare le mie competenze. I miei studi sono stati fatti nei migliori centri d’America e d’Europa, mentre le mie ricerche personali nel campo della psicologia e spiritualità sono avvenute in tutto il mondo, dall’India, all’Australia, alla Nuova Zelanda.
I criteri con cui scelgo le pratiche che fanno parte del Metodo dr. Succi®, del metodo di lavoro quindi che porto ai miei corsi e ai miei seminari, e sul mio blog, sono molto semplici ma efficaci. Seleziono infatti solo quei consigli che abbiano queste caratteristiche:
- Innocuità e facilità di applicazione
- Minor spesa di tempo e maggior efficacia
- Approccio integrato e olistico verso le patologie e malattie
- Prove scientifiche e numerose esperienze che ne abbiano constatato l’efficacia.
E, più di ogni altra cosa, la mia esperienza diretta. Non consiglio, né consiglierò mai, qualcosa che non abbia provato e testato personalmente, per lungo tempo. Questi consigli, di natura psicologica, ma che possono riguardare anche la salute fisica e il benessere, piuttosto che la crescita individuale, sono basati quindi sulla mia esperienza e sulla mia personale visione della salute e della vita.
Per te che hai letto l’articolo
Spero che l’articolo che hai appena letto ti abbia dato delle informazioni utili.
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Un saluto
Dr. Succi